Come usare Google Analytics per migliorare i tuoi contenuti
Ancora oggi la ricerca organica – misurata con Google Analytics, rappresenta il miglior modo per generare traffico verso il sito web ed essere posizionati ai primi posti su Google è un ottimo modo per far conoscere l’azienda e trovare nuovi clienti, sviluppando la brand awareness e generando conversioni. Tutti questi sono obiettivi di una strategia di Content Marketing. Inoltre i risultati di ricerca organica sono gratuiti, l’unica fatica è quella di produrre contenuti ottimizzati per i motori di ricerca. E’ fondamentale saper rispondere alle domande rilevanti degli utenti e farsi trovare online per avviare un funnel di marketing che porterà il visitatore a compiere l’azione desiderata e nessun altro canale è tanto forte come la ricerca sul web e nemmeno la pubblicità fatta tramite i canali social o Google Adwords sono altrettanto efficaci.
Il primo passo da compiere è quello di capire come l’utente interagisce con il contenuto e questo si può fare utilizzando i report di Google Analytics. In questo articolo vediamo insieme come usare Google Analytics per andare oltre le metriche tradizionali del bounce rate e del tempo trascorso sulla pagina per ottenere dati molto più significativi e utili per la definizione di una strategia di Content Marketing.
Le decisioni intelligenti richiedono dati intelligenti
Solitamente quello che accade online si può riassumere nel seguente modo:
- L’utente cerca un argomento;
- L’utente clicca su un articolo del sito web;
- L’utente spende un paio di minuti sulla pagina per leggere l’articolo;
Il problema è che per Google questo utente avrà lasciato subito la pagina e ciò aumenterà il tuo bounce rate.
Cos’è il bounce rate?
Questa è la definizione di bounce rate per Google:
Il bounce rate (o frequenza di rimbalzo) è la sessione di una sola pagina sul tuo sito. In Analytics è calcolato in modo specifico come una sessione che attiva una sola richiesta al server Analytics: ad esempio quando un utente apre una singola pagina sul tuo sito ed esce senza attivare altre richieste al server Analytics durante la sessione.
La frequenza di rimbalzo è in generale quindi il rapporto tra le sessioni di una sola pagina divise per tutte le sessioni o la percentuale di tutte le sessioni sul tuo sito nelle quali gli utenti hanno visualizzato solo una pagina e hanno attivato una sola richiesta al server Analytics.
Queste sessioni di una sola pagina hanno una durata pari a 0 secondi, dato che non ci sono hit successivi al primo, che permetterebbero ad Analytics di calcolare la lunghezza della sessione.
“Il bounce rate è quindi una singola pagina visitata sul sito” ovvero l’utente entra ed esce dalla singola pagina. Se poi volete approfondire come viene calcolata la durata della sessione potete capirne di più cliccando qui.
Tutte le seguenti situazioni faranno aumentare il tuo bounce rate:
- Click sul pulsante indietro;
- Chiusura del browser o della tab;
- Inserimento di un nuovo URL nella barra del browser;
- Click su un link esterno;
- Scadenza della sessione (dopo 30 minuti);
Con il settaggio standard di Google Analytics ecco quindi che il bounce rate indica che l’utente non ha visitato una seconda pagina del sito web.
Comprendere la metrica del tempo sulla pagina
Il problema nasce dal fatto che non si applica alla pagina di uscita, per cui è una metrica di scarsa utilità nel Content Marketing, in cui l’utente entra ed esce dalla stessa pagina. Google definisce il “Time on Page” come
“Il tempo che l’utente spende sulla pagina ma non si applica alle pagine di uscita”.
L’enigma dell’analisi dei contenuti
Quando l’utente digita una query e trova il vostro contenuto, legge il testo magari in 5 minuti e poi abbandona la pagina e Google Analytics traccia questo comportamento come un bounce dalla durata di 0 secondi per i motivi visti sopra. E’ quindi veramente un grosso problema capire quali contenuti coinvolgono davvero gli utenti e le poche metriche per l’engagement presenti in Google Analytics non aiutano i marketer a prendere decisioni adeguate o li portano all’errore se non conoscono quanto appena spiegato.
Ci sono però delle soluzioni, vediamo quali.
Migliorare il report sul bounce rate
Se si utilizza il codice Universal Google Analytics, si può aggiungere ad esso la seguente stringa di codice:
setTimeout(“ga(‘send’, ‘event’, ‘nobounce’, ’30_sec’)”, 30000);
Ciò farà in modo che una pagina dopo 30 secondi di tempo trascorso sulla stessa, sarà considerata una visita NON rimbalzata.
Da qui possiamo considerare quattro tipologie di contenuti, in base al tempo trascorso sulla pagina:
- Bounce: meno di 15 secondi;
- Curious: 15-30 secondi;
- Browser: 30-60 secondi;
- Engaged: più di 60 secondi;
Migliorare il report “Time on Page”
Possiamo migliorare il report su Google Tag Manager aggiungendo un trigger, che creerà l’evento nel lasso di tempo stabilito. Imposteremo quindi il Nome dell’Evento, l’Intervallo e il Limite. Un comportamento intelligente è quello di creare trigger differenti per le varie pagine. Ovviamente va da sé che avrete dovuto precedentemente installare Analytics e Tag Manager.
Si crea quindi un tag per il tempo dell’evento per mostrare se l’utente è ancora sulla pagina e ci sono alcuni campi da configurare. In particolare si controllano valori quali Categoria, Azione, Etichetta, Valore.
A questo punto selezioniamo il trigger creato in precedenza e settiamo su false il valore, per indicare che è una visita non bounce. Ora non resta che pubblicare i cambiamenti e cominciare ad analizzare l’efficacia della Strategia di Content Marketing.
Conclusioni
Dobbiamo quindi sapere che la misurazione standard del bounce rate con Google Analytics non è un valido indicatore delle prestazioni di un contenuto e il tempo sulla pagina non va considerato se si considera una pagina singola o una pagina d’uscita.
Grazie ai consigli riportati sopra è però possibile avere un’idea migliore di come performano le pagine singole a cui l’utente arriva tramite la ricerca organica o altri canali di marketing e il modo in cui l’utente interagisce con il contenuto.