Web tax italiana: dal 2019 tassa del 6% sui servizi digitali solo per chi vende ad altre imprese

Ogni anno il Natale arriva settimane prima e non perché qualcuno lo sposta dal 25 dicembre, ma perché i primi addobbi scintillanti cominciano a farsi notare già dalla fine di ottobre e assieme alle vetrine natalizie é arrivata anche la notizia che é stato approvato dalla commissione Bilancio del Senato l’emendamento alla legge di Bilancio 2018 sulla web tax italiana, ovvero l’imposta del 6% sulle transazioni digitali che, dal 2019, potrebbe portare un gettito di 114 milioni di Euro. Insomma è un modo speciale di fare gli auguri in anticipo.

Si tratta di una mossa politica contro i grandi gruppi del web che aggirano la normativa per poter pagare i tributi dovuti in maniera ridotta, meglio noto come elusione fiscale. I nostri politci intendono “farla pagare” alle aziende straniere, che di sicuro scuoteranno negativamente lo sviluppo digitale dell’Italia. Se non studiata bene potrebbe essere una tassa ai danni delle imprese e delle startup italiane attive nei servizi web, che rischierebbero la doppia tassazione? Attenti all’effetto boomerang, dico io.

La mancanza di competenza in materia da parte di chi tassa é ben leggibile nel non aver ancora definito i soggetti a cui la web tax italiana è destinata. Solo entro il 30 aprile 2018 si conosceranno i provvedimenti attuativi, che renderanno operativa la nuova imposta digitale. Che dire: si presenta poco prima di Natale, ma il contenuto verrà fuori solo a Pasqua. Insomma una confezione da panettone con dentro una colomba pasquale. Geniale! In quanto comunicato, l’unica certezza risulta essere che le transazioni digitali delle piccole imprese, delle imprese agricole e dei contribuenti che hanno aderito al regime forfettario non verranno tassati. Ovviamente sarà compito dell’Agenzia delle Entrate informare il Fisco su quali operazioni saranno soggette alla tassa e quali saranno gli adempimenti dichiarativi da eseguire e i relativi pagamenti.

Dunque il Fisco italiano monitorerà l’attività online di residenti e non residenti e stanerà chi non verserà il 6% sulle transazioni digitali. Soprattutto ai colossi del web, che fanno affari in Italia, saranno dedicate delle particolari attenzioni. A questo punto entrano in gioco le banche, che fungeranno da sostituti di imposta, applicando una ritenuta d’imposta con obbligo di rivalsa sul soggetto che percepisce i corrispettivi.

Inoltre entra in gioco il credito d’imposta pari all’imposta digitale versata sulle transazioni digitali, che potrà essere utilizzata ai soli fini dei versamenti delle imposte sui redditi, per non danneggiare tutte quelle imprese residenti sul suolo italiano. Da un lato l’aliquota verrà applicata solo quando a vendere il servizio è un soggetto estero e dall’altro lato si è stabilito di far pagare tutti e istituire poi un credito di imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione. Quindi per le imprese italiane la web tax sarà la solita ritenuta acconto Irpef, cioè quella trattenuta che viene effettuata sulle somme di denaro o bonifici che si percepiscono dai clienti-utenti o istituti di credito.

Chi invece si trova in perdita, come molte start up purtroppo, non potrà beneficiare dello sgravio e finirà per pagare comunque. L’eventuale eccedenza verrà rimborsata o utilizzata in compensazione per il pagamento di imposte sui redditi Irpef, Irap, usando ovviamente il modello F24 in formato digitale e sperare in un rimborso rapido. Sarà la solita corsa ad ostacoli per rincorrere i propri soldi.

Dopo giorni di consueti balletti dei nostri parlamentari nel revisionare la web tax a cui applicare l’aliquota del 6%, sui tempi e ambiti di applicazione, sugli introiti attesi, in definitiva questa dovrebbe scattare solo se l’acquirente è un’impresa e se compra qualcosa di immateriale, come degli ebook o servizi, mentre per chi vende, come ad esempio indumenti e li spedisce dall’estero non pagherá. L’Ocse e l’Ue hanno giá il monito di non penalizzare le società digitali.

Non nascondo la mia preoccupazione che possano aumentare i costi per clienti-consumatori finali e forse anche per quelli che non usano servizi digitali. Staremo a vedere come si evolverá.

Web Tax italiana, fine prima parte!