Virtual influencer: tutto cominciò da Miquela
Tutto iniziò con Miquela Sousa, di professione modella e cantante di singoli come “You Should Be Alone”, bellissima, dagli occhi e i capelli scuri, la pelle ambrata e costellata di lentiggini.
Ma c’è un unico problema: in realtà la bellissima Miquela non esiste. Ebbene si, questa cantante/modella è solo una dei virtual influencer presenti in rete.
Parliamo di un fenomeno in piena crescita che sembra essere l’evoluzione dell’influencer marketing così come siamo abituati a conoscerlo.
Chi sono i virtual influencer? Da Lilmiquela a Shudu
Si tratta di veri e proprio avatar creati tramite degli algoritmi che riescono a rendere quasi reale l’irreale.
Attorno alla loro immagine ovviamente i virtual influencer hanno poi una storia, quasi sempre estremamente ben costruita e davvero credibile. I virtual influencer diventano così molto seguiti sui social, sono appetibili da pubblico e brand, che sempre più spesso li preferiscono a quelli in carne ed ossa.
La prima virtual influencer ve l’abbiamo già presentata: è la super famosa Lilmiquela che vanta ormai 1,5 milioni di follower su Instagram e35.364 iscritti sul suo canale YouTube:
Creata dal DJ e produttore musicale Trevor McFedries e dalla digital artist Sara Decou, cofondatori di Brud, vive a Downey in California, ha un fidanzato di nome Blawko ed un’amica che si chiama Bermuda, ma tutti rigorosamente cyborg. Miquela indossa capi regalati, ovviamente, dai brand. Tra le griffe che più la utilizzano ci sono Prada, Diesel e Moncler.
Shudu Graham, è invece una modella dalla pelle color ebano e oggi vanta 158 mila followers su Instagram: lei è stata progettata invece dal fotografo inglese Cameron e vanta moltissime collaborazioni con brand di moda internazionali.
I virtual influencer e la Generazione Z
I virtual influencer hanno trovato un grande riscontro tra gli utenti di tutto il mondo, folgorando soprattutto la Generazione Z. E ciò rappresenta un grande potenziale per le aziende, che non devono più neanche occuparsi di stipulare contratti, stabilire compensi, inviare prodotti, inaugurando una nuova era nel rapporto tra brand e consumatori.
Da dove nasce la volontà dei brand di volersi affidare a questa nuova tipologia di influencer è presto detto: sono soggetti creati ad hoc per questo obiettivo che non hanno intenti espansionistici, come spesso accade con quelli in carne ed ossa, con conseguenti attività fraudolente come l’acquisto di follower fake, e soprattutto non hanno bisogno di un entourage numeroso che li segua e supporti nelle campagne che realizzano.
Conclusioni
Gli influencer nostrani comunque possono stare più che tranquilli, almeno per un pò, poiché il fenomeno deve ancora fare strada prima di essere accettato dalla massa degli utenti del mondo digital, che ancora oggi ai virtual influencer preferiscono quelli veri con tutte le loro imperfezioni “umane”.
Alla prossima dalla vostra Noemi Campegiani.