Lettori e lettrici di Pop Up Magazine, oggi daremo finalmente risposta ad uno dei più grandi interrogativi della storia dell’umanità: come si misura la brand experience! Scherzi a parte, chiunque lavori nel mondo del marketing potrà confermarvi quanto sia continuamente assalito dal desiderio o forse dalla necessità di misurare i propri sforzi profusi in attività di marketing esperienziale, in ogni situazione di contatto dei clienti con la marca.
“Anche se non c’è una sola risposta alle situazioni, questo non significa che la brand experience non possa essere misurata.”
Misurare la brand experience: consigli per l’uso
L’errore che la maggior parte dei Marketers fa è proprio credere che l’aspetto “esperienziale” nel marketing non sia misurabile affatto, dice la Atkinson intervistata da MarketingMag. Ma il punto è che oggi più di ieri, viviamo in un mondo in cui la necessità di misurazione è divenuta spasmodica, in cui ci viene richiesto di stabilire un budget per ogni cosa e paradossalmente quello su cui si cerca di risparmiare, l’aspetto che più facilmente si tende a sottovalutare è proprio la misurazione della brand experience.
Mai errore potrebbe essere più letale. Nel mondo in cui viviamo attualmente, con le possibilità infinite di vedere soddisfatto ogni nostro bisogno, perlomeno se parliamo di bisogni commerciali, è inimmaginabile il potere che si può ottenere misurando le attività di marketing esperienziale sviluppate dall’azienda.
Da dove partire
Ad esempio, di certo non basta condurre un’indagine post evento che abbia come punto centrale, l’analisi del numero dei Like su Facebook. Quello che bisognerebbe invece tenere a mente, è che la misurazione dovrebbe essere implicita fin dall’inizio del progetto e adattarsi direttamente ai suoi obiettivi.
In cosa si tramuta tutto ciò?
In una semplice domanda da porsi all’inizio del percorso: cosa voglio raggiungere? Voglio costruire maggiore consapevolezza del brand? Voglio difenderlo dai competitors? O più semplicemente (mica tanto) voglio generare lead?
Ovviamente più si è specifici in questa fase, più saranno accurate le KPI che verranno misurate successivamente.
Tutto ciò significa semplicemente che le migliori e più ben riuscite brand experience sono quelle che sono state progettate, prima ancora che misurate, tenendo bene in mente degli obiettivi chiari sotto il punto di vista dell’esperienza del cliente.
L’agenzia Neonormal fa proprio questo: aiuta i suoi clienti a stabilire degli obiettivi, misurabili ovviamente, che devono essere la stella polare per tutto l’arco di vita del progetto.
Trovare gli strumenti giusti
La nostra Atkinson ci dice poi che non basta fare in modo che ogni momento della brand experience sia connesso ad un obiettivo ben misurabile, vi è un passo successivo da compiere, che consiste nel definire le metriche specifiche e la migliore combinazione degli strumenti per consentirci di misurare ognuno di questi obiettivi.
Facciamo un esempio: se volessimo indagare la brand experience di un nostro consumatore, verrebbe in nostro aiuto la tecnologia, che ci consente di conoscere, in un modo o nell’altro, la durata di una passeggiata da shopping, la conversione economica della stessa, il tempo di sosta del nostro cliente, quante volte lo stesso è tornato nel nostro punto vendita e molti altri aspetti.
Lo sappiamo, suona come il Grande Fratello, ma questa è la realtà digitalizzata nella quale tutti noi abbiamo accettato e sottoscritto di vivere. E non ci si ferma qui perché la tecnologia ci permette addirittura di analizzare, mediante mappe di calore, il comportamento di un utente in un ambiente, individuando i punti di interesse chiave. Manco a dirlo, questi dati sono fondamentali per ottimizzare le attività in un negozio o di un punto vendita fisico come un supermarket o un centro commerciale.
Qualità e Quantità
Non sono solo i dati quantitativi a poter essere misurati. Una delle aree più preziose (e spesso inesplorate) della brand experience è infatti la velocità e la facilità in cui si possono raccogliere dati qualitativi. Strabiliante ma vero. Mai nessun dato asettico sarà tanto efficace quanto una ricerca in un ambiente naturale e questo perché essa riesce a catturare reazioni sincere e non risposte artificiali che solitamente si danno o si raccolgono in ricerche di mercato standard.
In definitiva, cosa abbiamo capito grazie alla lezione della Atkinson?
Primariamente che a fine giornata, quello che importa non è solo aver raggiunto dei risultati concreti, ma essere stati capaci di misurare davvero l’esperienza dei nostri clienti, in modo da poterne trarre insegnamento in futuro.