Se andiamo al cinema a vedere “The Hunger Games– Mockingjay Part 2” ci aspetteremo di guardare una pellicola d’azione, a tratti drammatica e thriller. Ed è così effettivamente. Ma se andiamo in profondità possiamo trarre spunti sul marketing e i nuovi target di mercato rappresentati dalle giovani generazioni. Possibile? Potrebbe sembrare azzardato trovare spunti a riguardo e invece il film dimostra il contrario. Partiamo con ordine. Tutto ruota intorno a Katniss, la protagonista della serie di film Hunger Games, che rappresenta quella che è chiamata la Generazione K. Questa si riferisce a tutti quelli nati tra il 1995 e il 2002, ossia coloro tra i 13 e 20 anni, ragazzi e ragazze accomunati dall’ossessione per la tecnologia, dalla paura per il terrorismo e le istituzioni come il governo e il matrimonio. Infatti, in tutta la serie, Katniss è afflitta costantemente da ansietà. Ed è capibile. Questo stato, non a caso, è in comune con la Generazione K che ha vissuto 11 settembre e il 7 luglio, il sorgere dell’Isis e l’escalation di corruzione che investito molti paesi e istituzioni come la Fifa, per citare quello più clamoroso. Ecco perché ritengono inaffidabile la fiducia nei confronti degli adulti.
Altro tratto distintivo che caratterizza Katniss è la connessione con la gente: ispira i bambini ed è un esempio per quelli che hanno il doppio della sua età. Ecco quello che cerca oggi la Generazione K. Possiamo considerarli nativi digitali, sempre connessi attraverso l’uso dei social network, come lo è d’altronde la protagonista di Hunger Games con i propri follower.
Nonostante tutto, la Generazione K ha un innato senso di cosa sia giusto o cosa sbagliato. Per cui è errato affermare che si tratta di una generazione senza valori, anzi. Infatti l’impersonificazione con Katniss – che provvede alla famiglia assistendo la madre depressa e prendendosi cura della sorellina – è molto più forte di quanto non si creda.
Siamo di fronte ad una generazione coraggiosa, connessa e molto sensibile alle tematiche mondiali. È importante quindi non sottostimare questi ragazzi e ragazze, quanto invece aiutarli a definire il loro futuro.
Come, allora, i brand devono porsi nei confronti della Generazione K per creare una strategia di marketing vincente?
- I brand devono allentare l’ansietà giovanile. Devono insomma aiutare la Generazione K a costruire basi solide di fiducia.
- I brand non devono banalizzare la comunicazione con i giovani. La Generazione K merita di essere trattata con un rispetto intellettuale degno degli adulti. Questo sarà ricambiato al brand, creando così una relazione bilaterale.
- I brand devono comportarsi eticamente. La Generazione K ha un’inclinazione morale ben definita ed è più propensa a investire in organizzazioni o privati che si differenziano positivamente nel mondo. È un modo sicuro per costruire una base solida di amore e fedeltà per lo stesso brand.
Ecco come analizzando più profondamente la serie Hunger Games possiamo trarre utili informazioni su quello che è il target giovanile e ottenere indicazioni su come gestire e realizzare una brand awareness aziendale che funzioni davvero.
E tu hai visto “The Hunger Games– Mockingjay Part 2”?
Pensi che la protagonista e il mondo in cui vive rappresenti per alcuni tratti la nostra società e possano dare consigli sul marketing e il mercato?