Innovazione nella musica: le nuove tecnologie sono già una realtà
Dalla realtà virtuale fino ad arrivare ai bot, la recente tecnologia digitale promette di rivoluzionare anche il settore musicale: tenetevi forte, tante novità stanno per arrivare e magari potrete essere presenti al prossimo concerto del vostro cantante preferito anche se non sarete riusciti ad acquistare il biglietto perché sold-out.
Le start up stanno contaminando, con la loro innovazione nella musica questo settore così creativo, certo non insensibile ai cambiamenti, assetato com’è, di nuove modalità per attrarre sempre più consumatori.
Non si parla più perciò di scenari futuribili, ma di novità che hanno già invaso il mercato adesso.
Cosicché come è stato per altri settori – vedi quello bancario grazie alla Fintech – la tecnologia digitale rianima un mercato oramai già fermo da tempo, oltretutto mostrando il suo lato più cool.
E’ sufficiente pensare che vibrazioni potrà offrirvi apprendere a suonare la chitarra direttamente da Mick Jagger? I segnali per cui l’industria musicale si sta aprendo all’innovazione sono molteplici. Ad esempio la Warner Music UK (WMUK) ha segnalato la sua intenzione di raddoppiare gli investimenti sull’innovazione digitale per il 2016 con la nomina di Emmy Lovell, precedentemente di Parlaphone e Warner Bros. Come Vice-Presidente del digitale, Lovell è Responsabile di Spotting e lo sviluppo di nuove tecnologie ed il centro per l’innovazione dell’etichetta, Firepit.
Durante un recente incontro tra l’industria della musica e quella tech – all’evento FastForward del 2017, Lovell ha detto che è stato un bene che l’industria si sia trovata sull’orlo del precipizio, perché ciò ha consentito che questa reagisse. Ciononostante è necessario applicare le giuste cautele affinché le tecnologie adatte siano scelte in funzione dell’impatto che devono avere sul pubblico. Altrimenti un artista ne risulterebbe danneggiato in considerazione di quel delicato equilibrio insito nel rapporto rischio/resa. Perciò l’imperativo è cautela negli investimenti! Per cui è necessario vagliare attentamente le nuove tecnologie promettenti e scegliere quella più adatta.
Sulla VR, Lovell aggiunge che la gente pagherà solo quando il contenuto si rivelerà sufficientemente creativo e buono. E poi riflessiva dichiara che nessuno avrebbe potuto prevedere 15 anni fa il successo di Spotify: quando ancora non esisteva era impossibile anche pensare di avere una visione di questo genere. E cosa accadrà in futuro non è altrettanto prevedibile.
Virtual Reality: un tema caldo
La realtà virtuale è stato un tema caldo all’evento di Amsterdam, e Lovell ha sottolineato la corsa per vincere la battaglia che si sta giocando sulla scelta dell’hardware le cui sorti rappresenterebbero un momento importante per le etichette discografiche, suggerendo che scommetterebbe sul headset di Apple, che ancora non è stato rilasciato o su quello di Google per via del “buon prezzo” con cui uscirà sul mercato.
In riferimento alla VR invece parla di un’attenzione focalizzata su ciò che un uso creativo ne stanno facendo altre industrie. Per il momento a dare maggiori soddisfazioni sono l’uso per avvicinare il pubblico ai loro artisti, per aumentarne il rapporto, rendendolo sempre più speciale e personalizzato.
Anche Samsung recentemente ha dichiarato che la VR è il futuro della musica. L’anno scorso ci ha deliziato con una campagna pubblicitaria in cui attraverso un padre, per svelarci uno dei paradossi di questa tecnologia in cui per far rivivere il concerto della band del suo ragazzo alla figlia malata, è costretto a riprenderlo dal vivo in prima persona con una webcam in mezzo ad una folla di adolescenti urlanti che sbraitano. Ovviamente l’uomo trasudava entusiasmo da tutti i pori!
https://www.youtube.com/watch?v=U3FD18SvnEQ
Quindi i giganti tecnologici Samsung e Google stanno cambiando il modo in cui conosciamo l’esperienza dei concerti dal vivo? No! Risponde Steven Hancock, Chief Operating Officer anch’egli sul palco dell’evento, replicando che la realtà virtuale non sostituirà mai i concerti dal vivo ed ha aggiunto che lui non crede uno spostamento verso i contenuti coinvolgenti, possibili con questa tecnologia a dispetto dei concerti e che quindi chi trae profitti dalla vendita dei biglietti può dormire sogni tranquilli. L’azienda di Hancock difatti è stata soprannominata la “iTunes di VR”.
Al momento, la piattaforma dà accesso ai fan per selezionare una biblioteca su richiesta di contenuti live a 360 gradi che hanno registrato varie performance. Inoltre ha recentemente firmato un contratto con WMUK per dare accesso al pubblico a centinaia di esperienze degli artisti finora ed altrimenti inaccessibili, come essere sul palco durante un concerto sold-out o nel camerino prima dello spettacolo.
Per ogni biglietto fisico è possibile offrirne una quantità illimitata di stampo digitale e non per avere la medesima prospettiva, ma per far vivere il concerto direttamente dal palco con il tuo artista preferito.
Quando l’apparenza inganna
Chatbots sono un altro mezzo tecnologico a cui le etichette discografiche si stanno rivolgendo al fine per migliorare le connessioni con i fan e per trovare nuove vie di guadagno.
Robbie Williams e DJ Hardwell attraverso le loro chatbots, indirizzano ed orientano i fan attraverso Spotify playlist, negozi di merchandising e l’invio di aggiornamenti sui prossimi tour e comunicati, con guadagni significativi.
Rob Hampson – Direttore Creativo e Responsabile del design di startupWe Make Awesome Sh, ha utilizzato la divisione Bot, piattaforma dell’azienda, per lanciare campagne di chatbot per artisti del calibro di Axwell e Ingrosso e Olly Murs.
Facebook Messenger vanta oltre 1 miliardo di utenti, e Hampson ha detto che il ritorno sull’investimento è notevole, rivelando che Axwell e Ingrosso – che sono sotto contratto con la Def Jam Recordings – ha incassato £10.000 di vendite solo nei primi mesi da quando hanno il bot.
Chatbots vengono utilizzati per colmare il divario tra commercio e conversazione, l’industria musicale pare stia seguendo un approccio simile, ma per Hampson è chiaro che gli utenti sono più che consapevoli del fatto che quando interagiscono non stanno parlando con l’artista.
Durante l’evento di FastForward ad Amsterdam si è parlato anche di Alexa di Amazon, rivolgendo l’attenzione sul ruolo che l’assistente personale si giocherà in futuro nel coinvolgimento dei fan. Lovell, intervenendo sull’argomento, ha sottolineato che la sperimentazione di Amazon in questo campo con Alexa è stata una conseguenza naturale in virtù di come l’azienda aveva già posto enfasi sul settore musicale attraverso Prime, ma ha anche detto che Apple non resterà certo a guardare.
“Hanno avuto per primi un app store, dispongono di hardware, di software e hanno così tanti dati per riuscire a personalizzare l’esperienza attraverso la voce in un modo che sicuramente ci sorprenderà”, ha concluso.
Creatività umana, ibrida e digitale
L’incontro tra musica e tecnologia avviene anche per mano stessa degli artisti, che sono alla continua ricerca di modi per rendere l’esperienza di ascolto musicale sempre più coinvolgente e piacevole. Dai guanti musicale per il controllo gesto di Imogen Heap al polsino smart Dial di Will.i.am, agli auricolari a bottone. la sperimentazione non conosce limite ne tregua.
Una volta gli artisti prestavano semplicemente i loro nomi al settore tech per fare da testimonial, mentre adesso sono loro promuoverne lo sviluppo e contribuiscono con i brand per migliorare le loro invenzioni.
7digital, piattaforma di servizi radio e musica digitale ha lavorato in collaborazione con la società di tecnologia di Will.i.am, i.am+, per fornire il servizio per quadrante che funziona attraverso l’attivazione vocale ed è offerto dalla società di telecomunicazioni in tutto il mondo di streaming musicale.
A far convergere la tecnologia con l’innovazione nella musica, non sono stati coinvolti solo i musicisti famosi che invece sono stati incoraggiati ad incidere per l’industria. Durante il suo intervento al FastFoward, Sam Potts, a capo della radio per le promozioni alla Columbia Records ha parlato della sua iniziativa Jam Buzz, che ospita eventi collaborativi in cui sono stati doppiati un incrocio tra un hackathon e una jam session. Il progetto è gestito in collaborazione con Sony Music UK ed invita programmatori ed artisti a collaborare per trovarsi insieme, al fine di creare nuovi strumenti. Un modo per aiutare i talenti emergenti ma anche di fare delle nuove creazioni al concludersi delle sessioni musicali. Un ottimo risultato, aggiunge Potts per la Sony che cercava di promuovere una cultura dell’innovazione e che sta ad indicare quanto questa casa si impegni per incentivare ed offrire finanziamenti importanti per le start-up.
“Penso che è veramente importante di questi tempi per le case discografiche offrire ai giovani ed a più persone non professioniste la possibilità di far sentire la propria voce perché chiunque può avere una buona idea e trasformarla in un prodotto,” ha detto Potts.
Perciò oramai è chiaro quanto le etichette discografiche abbiano in serbo grandi progetti per continuare a sviluppare i propri progetti tesi all’innovazione continua, per migliorare l’esperienza con i consumatori e che per farlo stiano cavalcando la rivoluzione digitale alla pari di altri settori a ragione della sua vertiginosa espansione per carpire il modo che funziona tanto con le start-up che paiono avere una capacità del tutto particolare per colpire e catturare l’interesse ed il seguito del pubblico.