Quando nell’ormai lontano 2004 venne lanciato Facebook dal giovane studente americano Zuckerberg nessuno avrebbe mai pensato che il mondo sociale così come lo intendevamo sarebbe cambiato radicalmente. Nel giro di pochissimo sono nati molti altri social con impostazioni più o meno simili a quelle di Facebook con un’unica grande caratteristica comune: la capacità di creare dipendenza.
Ad oggi è un fenomeno sempre più virale quello di instaurare un rapporto simbiotico con i diversi social network. Qualsiasi sia l’attività che si sta portando avanti nella propria vita si sente sempre e comunque l’esigenza di condividerla, in una folle corsa ad un like o ad un re-tweet oppure ad un cuoricino proveniente da un utente in Instagram, al fine di capire se si ha l’approvazione della società attorno a noi.
Nati come strumenti di condivisione e sviluppati per aumentare la connessione comunitaria, i social sono oggi una cartina tornasole e come tali vengono considerati dagli utenti. Sembra che solo con un commento ad una foto o la condivisione di uno stato, le persone riescano ad essere davvero sincere e a dire la loro su chiunque e in qualunque momento. Se sapere come veniamo percepiti all’esterno poteva essere divertente all’inizio, i risvolti completamente negativi di questa situazione non hanno atteso a palesarsi. Quello che spesso si dimentica è che dietro ai computer ci sono persone vere, ognuna con una propria soggettività che non sempre riescono a stare al gioco dei social come si dovrebbe. Ed ecco che allora la condivisione diventa un’arma a doppio taglio fatta anche di pesanti critiche e di non accettazione del diverso. Il cyberbullismo, che un tempo era impensabile, è oggi una consolidata realtà che spaventa milioni di utenti, alcuni dei quali si sono spinti addirittura al suicidio pur di scappare dalla realtà virtuale divenuta fin troppo reale. Deridere il prossimo, oppure prendere troppo sul serio quello che succede sui social media, oppure delusioni d’amore virtuali ha spinto molte persone a togliersi la vita. Sembrano essere le scene di un film, ma purtroppo per molti è stata la triste realtà.
Senza dubbio non va generalizzato l’uso sbagliato dei social come fosse l’unico utilizzo che ne viene fatto. Quando questi strumenti vengono usati coscientemente per il reale scopo per cui sono stati pensati, sono lo strumento migliore per eliminare le barriere spazio-temporali. Quel che conta davvero è non farne un elemento di completa sostituzione della realtà, ma un mezzo che la accompagna; bisogna vedere i social come un’estensione dell’essenza stessa della persona, senza però dar loro il potere di cancellare la realtà circostante. Essendo ormai divenuti parte integrante della vita di tutti noi sarebbe anacronistico puntare al non utilizzo di questi mezzi di comunicazione. Quello che è invece auspicabile, soprattutto per le nuove generazioni, è riuscire ad avere un’educazione su di essi, che ne permetta un uso ragionato e proporzionato. Così come a tutti noi viene insegnato, in un modo o nell’altro, come stare in un gruppo e come gestire le situazioni di vita giornaliere, allo stesso modo va appreso come utilizzare i social e come sfruttarli a proprio vantaggio senza mai cadere nella dipendenza, che è sempre dietro l’angolo, e tanto meno nella paura del giudizio delle persone che dietro quel profilo vi si celano.
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