Torniamo a parlare di sport, torniamo a parlare di social network, torniamo a parlarvi di social media marketing nel calcio.
Ormai lo sappiamo, i social stanno prendendo il sopravvento su qualsiasi altro tipo di strumento di advertising ma soprattutto si sono consolidati come indiscussi padroni del know-how, inteso come contenuto in qualsivoglia settore.
Per spiegarci meglio vi poniamo un quesito: poniamo il caso che foste un club, magari di calcio, magari che milita in Premier League e poniamo il caso che vi accorgiate del grande seguito che i vostri canali social stanno avendo. In questo caso la domanda è: vale la pena continuare a sottovalutare il potere, anche commerciale oltre che sociale di questi strumenti solo perché tale valore è difficilmente quantificabile? Ma soprattutto, ha ancora senso vendere contenuti e sponsorizzare brand tramite le TV?
Perché credere nel Social Media Marketing nel calcio.
Quindi il punto è che siamo in una fase di stallo: da una parte siamo tutti consapevoli del grande potenziale di questi strumenti, dall’altro chi ci mette la faccia è portato a bloccarsi di fronte l’indefinitezza economica in termini di rientri monetari che tali mezzi sono capaci di generare. Ma invece non interessarsi di tutto ciò e spegnere i riflettori sui social media quanto potrebbe costare?
Volete un esempio? prendiamo il Real Madrid, prossima finalista di Champions League oltre che vincitrice della Liga: il suo campione di punta, un certo Cristiano Ronaldo ha i suoi account social che lo scorso anno, secondo la società di data driven sponsorship analytics Hookit, hanno generato $500 m per la Nike in termini di visibilità dei propri prodotti. Cristiano Ronaldo non è un club ne un’azienda, ma è sicuramente proprietario dei suo profili media e si da il caso che sia anche l’atleta più prolifico sui social media se pensiamo che lo scorso anno un suo post è arrivato a valere $5.8 m dopo che ha raggiunto 1.7 milioni di like e quasi 13.000 mila commenti per la vittoria del suo Portogallo agli Euro2016.

La squadra che detiene il cartellino del talento puro potrebbe eccome trarre vantaggio dalla grande popolarità del suo sottoposto, anzi effettivamente ne trae, e allora perché non cercare di quantificarlo per scegliere, in un futuro prossimo, di smetterla con le sponsorizzazioni in TV e iniziare invece a sfruttare davvero i social network? Di fatto valutazioni “monetarie” come quella di cui stiamo parlando sono comunissime per i vecchi media come la TV. Hookit cerca di renderle “normali” anche per i social media utilizzando come metodologia di analisi una media tra il numero di impressions per interaction per estrapolare il vero valore monetario da fornire a tutti quegli sponsor che vogliono comparare il ritorno delle sponsorizzazioni mediante social media posts con quelle in TV. Hookit vuole dunque provare quanto valore i club stanno perdendo non investendo in ricerche, studi sul reale valore del social media marketing nel calcio.
“Alcuni club non stanno ancora misurando in maniera corretta i video pubblicati sui social piuttosto che sulle TV solo perché credono di non avere bisogno di cambiare il modo in cui si relazionano con i brand”, afferma Jean-Pierre Diernaz, vicepresidente del Marketing di Nissan Europe, ad oggi sponsor, tra gli altri, del Manchester City e della Uefa Champions League. Quello che Nissan sta capendo è che il vecchio sistema di sponsorizzazioni non ha più motivo di esistere obsoleto com’è e per questo sarebbe fondamentale rinnovarlo, puntando forte sui social media.
“Ogni club ha un determinato numero di fan ma quello che è importante è capire quanti sono attivamente ingaggiati dal team stesso”, sottolinea Diernaz, continuando ”I clubs hanno bisogno di mostrare attivamente su queste nuove piattaforme che qui è il vero valore. Se guardate alla top20 degli YouTubers nel mondo vi renderete conto che stanno facendo un business enorme con i loro video”.
Quindi il punto è: perché i club di tutto il mondo non iniziano a produrre loro stessi contenuti, video da pubblicare sui loro social media per poi gestire autonomamente e in maniera più diretta le sponsorizzazioni su di essi? Si tratta di un tesoro davvero troppo grande per non essere sfruttato a pieno. Il market value di ogni singolo post e le revenues generate da essi sarebbero infatti altissimi e sicuramente molto più consistenti del “gruzzoletto” che proviene dai canali televisivi standard.
Ciò significa che le partnership non vengono tipicamente firmate con un numero concordato di tweet, ma piuttosto, il Southampton si sta concentrando meno sulla vendita di prezzi e molto di più sul fornire engagement e valore dei propri contenuti.
“Il percorso basato sulle impression consiste nella comprensione del pubblico di destinazione di un brand e nell’intento di raggiungere questo gruppo (in modo mirato e conveniente) nell’intera rete digitale del club, web, email e social”, aggiunge Kennedy “Quindi, mentre il raggiungimento dell’esposizione di massa e l’affinità positiva è un obiettivo, questi strumenti possono aiutare i brand a sviluppare campagne per raggiungere obiettivi specifici in quanto possono segmentare l’intera dimensione digitale”.
Grazie a tutto ciò, i marketer del Southampton FC sono diventati molto più smart nell’utilizzare i propri owned media, che tanto per ribadirlo sono gratuiti, come strumento di generazione di valore commerciale puro e stanno divenendo sempre più indipendenti dal rapporto con le TV nazionali ed internazionali che stanno ormai perdendo il loro sconfinato potere di possessori di contenuti.