Marketing Sportivo: ecco la strategia della Premier League

Champagne! Champagne for everyone!”, urla sempre Bubbles DeVere, personaggio  esilarante dal linguaggio colorito , della fortunata serie comica d’oltremanica Little Britain, e la Premier League può tranquillamente brindare a suon di cheers e botti derivanti lo stappo di bottiglie delle bollicine più irresistibili.

La Premier è sinonimo di: agonismo, competizione, sfida e sopratutto strategie di marketing vincenti. Infatti la massima serie del campionato inglese di calcio, gestita dalla Football Association, è quella più produttiva sul panorama mondiale, con entrate appena inferiori ai 3 miliardi di euro ogni anno.

Le società sportive che competono nella Premier sono degli enormi complessi aziendali, che gestiscono i colori del cuore degli supporter con molta attenzione a conti, profitto e merchandising.

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Il calcio, battezzato dagli inglesi come “the beautiful game” è un prodotto Made in England, esportato con successo in tutto il Mondo dal 1863. Con la stagione 2016/2017 appena iniziata non si può negare che si tratti tratti del campionato per eccellenza più seguito in tutto il mondo. Il Marketing della Premier League è da sempre seguito dagli altri campionati a livello mondiale per emularne i risultati, ma forse solo in Spagna gli esiti sono incoraggianti a livello di profitti.

La Premier League, istituita nel 1992, è una vera e propria macchina da soldi. Ingaggi e salari alle stelle per i giocatori e i manager più ricercati, e anche con i prezzi di abbonamenti e biglietti per lo stadio in continua crescita.

Uno studio condotto da Gerardo Molina, CEO di Euroamericas Sports Marketing, attribuisce il trionfo commerciale della Premier alla forte competitività delle squadre in gara, e alla ridistribuzione equa per crescita  dei guadagni tra tutti i club (diritti televisivi e marketing sportivo).

Per usare un eufemismo, l’unione civile calcio-business nella Premier  funziona. Why?

La Premier segue il modus operandi di competizioni americane molto dinamiche, come MLBL NFL, NBA, e delle sue strategie di marketing, partendo dalle richieste dei tifosi e degli sponsor, giungendo all’offerta e gestendo opportunamente le relative risorse ed i relativi processi produttivi secondo un modello sistemico, che punta sull’entertainment, sull’impiantistica degli stadi, sui strumenti di comunicazione (i principali social) con i fan, e sull’internazionalizzazione del marchio.

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Nella nostra Serie A il campionato se lo giocano spesso i soliti due o tre club, mentre in Premier anche una qualsiasi squadra può essere campione, e moltiplicare questa opportunità di guadagno. Il Leicester, campione del 2016, del nostro Claudio Ranieri lo dimostra, visto nella stagione precedente rischiava di retrocedere.

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Nel mio articoloMARKETING MANCHESTER UTD: DALLA CINA CON FURORE ho sottolineato come la Premier League viene trasmessa in 228 paesi al mondo, e di conseguenza ha un pubblico vasto, con un potenziale di 989 milioni di persone, e le aziende investono di più in un campionato come questo, dove anche le squadre che lottano per la retrocessione, hanno 25 sponsor, mentre il Manchester United ne ha più di 43.

Ahimè, il  gap tra la Serie A e la Premier, che alimenta i suoi club con i 3,9 miliardi di euro provenienti dai diritti TV, è sotto gli occhi di tutti. A nulla servono i tweet di Renzi per congratularsi con il calcio tricolore farciti di citazioni pop. Forse il Premier Renzi e il suo entourage del Ministero dello Sviluppo Economico sottovalutano il potenziale economico del calcio o forse non lo valutano? That’s weird!

La Premier, ovviamente non il Matteo Nazionale, ci insegna come  sul piano finanziario non ha concorrenza, basti pensare che gli altri due campionati europei molto virtuosi, appunto la Liga e la Bundesliga, messi insieme non fatturano quanto invece il campionato inglese.

La massima serie inglese è retta da un giro d’affari mostruoso, e la stagione 2015-2016 ha fatturato 3,3 mld di sterline, con un avanzo di 300mila sterline rispetto al milione e mezzo fatturato in Germania e Spagna.  

God Save the Serie A, che continua a perdere appeal. Purtroppo!

Con il nuovo accordo dei diritti TV, l’esercizio finanziario del prossimo triennio della Premier é destinato a registrare una nuova crescita record, cioè la modesta cifra di 150 milioni di sterline, che saranno distribuiti a ogni singolo club. Di conseguenza il fatturato medio delle società (sui 220 milioni) presenterà un fatturato complessivo di 5,13 miliardi di sterline.

https://www.youtube.com/watch?v=0WySrMGpafc

Il modello inglese é un movimento vincente e lo si intuisce soprattutto dagli investimenti dei club a intervenire nei propri impianti, che sono una fonte di ricchezza per le squadre d’Oltremanica.

Lo ribadisco: impianti di proprietà dei club e non di un’amministrazione comunale burocratizzata, svogliata e anti-economica come quella italiana (ne avevo ampiamente parlato nel mio articolo precedente MARKETING NEL CALCIO: LO STADIO COME LUOGO DI AGGREGAZIONE E SEDUZIONE), sono un modello da seguire. Forse i vari dirigenti comunali dovrebbero adagiare il proprio posteriore sui seggiolini degli stadi italiani per capire che c’è da fare.

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La formula imprenditoriale inglese è un modello di rappresentazione della Strategia di Marketing della Premier League che si ritrova:

  • Nello stadio del Liverpool, l’Anfield Road, che grazie alla spesa di 115 milioni di sterline, offrirà 8.500 posti in più, aumentando la capienza a 55mila unità.
  • Nel restyling dello Stamford Bridge, lo stadio dei Blues di Antonio Conte, per 500 milioni di sterline inaugurerà non solo un museo multimediale, il club shop, ma anche molti ristoranti e 56mila nuovi  sediolini per godersi la partita e tutto ciò in funzione per aumentare ulteriormente i ricavi.
  • Nelle ambizioni di crescita del Tottenham del presidente Levy, note a tutta la Premier, hanno avviato la costruzione del nuovo stadio di proprietà di quasi 61 mila posti, che sorgerà accanto a White Hart Lane e sarà pronto per la stagione 2018/2019.
  • Cantieri in vista anche per West Ham e Bournemouth, che non sono certo il Real Madrid..

Uno degli aspetti più criticati del calcio inglese sono appunto gli ingaggi stratosferici dei campioni. La qualità si paga e va sottolineato che la spesa sostenuta dai club per assicurarsi le performance dei top player é ripagata da sponsor e merchandising. Quindi un campione guadagna tanto perché fa guadagnare tanto. Piantiamola con moralismi e attacchi di “rosiconerie”.

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Il merito della notevole gestione del calcio inglese va attribuito al governo della Lady di Ferro Margaret Thatcher, che ha agito duramente per reprimere e non arginare (come tentano con molto insuccesso i vari governucci italiani) il fenomeno hooligans tra gli anni ’80 e ’90.

Nel 1990 il Taylor Report, documento redatto da una commissione presieduta dal giudice Lord Peter Taylor di Gosforth ha ridisegnato le norme di sicurezza degli stadi inglesi.

Tra le riforme più importanti introdotte dal rapporto vi sono:

  • l’obbligo di tutti i posti a sedere e numerati;
  • misure di sicurezza antincendio;
  • telecamere per il controllo dei tifosi;
  • presenza di Steward.

Questa riforma e i gli investimenti hanno reso le strutture, di conseguenza la Premier League, più confortevole e moderna,  capitalizzando al meglio il marchio della Premier.

Un’altra colonna portante del Marketing sportivo è il merchandising, ovvero la commercializzazione di prodotti, con il brand dei 20 club che hanno un giro di affari pari a 171 milioni di euro, che corrispondono ad un incasso medio di 8,6 milioni per squadra. Tale dato emerge da un’indagine redatta dallo European Football Merchandising Report (rapporto sul merchandising nel calcio europeo) di Sport+Markt e PR Marketing.

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Magliette da gioco, cappellini, bandiere, portachiavi, portafogli, articoli di cancelleria, carte di credito e gadget vari  sono un successo, ma questo modello di business non investe  la nostra Serie A, che resta un potenziale non sfruttato per vari motivi dal disinteresse ad indossare prodotti di merchandising della propria squadra del cuore, alla scarsa propensione allo sviluppo internazionale. L’aumento degli introiti va di pari passo con un maggiore professionalità sul mercato, una virtù che manca ai vertici dei club tricolore.

Il marketing sportivo della Premier produce davvero much money e sotto questa ottica il calcio è un prodotto da vendere 365 giorni l’anno, inclusi i giorni festivi, come ad esempio il famoso Boxind Day calcistico che coincide con il “femminile” Boxing Day commerciale, cioè quello dei saldi di Santo Stefano. Insomma una genialità azione di marketing, che sfrutta l’aria di festa natalizia per fare aumentare i fatturati delle società, come se queste fossero negozi.

La massima divisione calcistica inglese vanta anche di essere quella digitalmente più avanzata. Infatti l’utilizzo di smartphone e tablet è ormai ampiamente diffuso, e gli app store pullulano di applicazioni, come ad esempio Away Days, l’app sviluppata dalla stessa Premier con l’obiettivo di agevolare le trasferte  dei tifosi, con consigli utili e pratici per tutti i 20 stadi del campionato, aiutando così il tifoso a pianificare il pre e post partita, grazie anche ai suggerimenti degli utenti su dove mangiare, soggiornare e parcheggiare. Insomma la Premier è anche campione nello sviluppo di strategie di marketing sui dispositivi mobili a portata di touch.

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Come concludere… “Gli eroi non nascono, si creano”, afferma Arsène Wenger, il tecnico più vincente e più a lungo in carica alla guida dell’Arsenal e della Premier League, con le sue strategie crea parecchio eroismo e la nostra Serie A dovrebbe imitare questo modello, impostato come un campionato globale che attira top sponsor, investitori e fan da tutto il mondo grazie ad una perfetta strategia di marketing sportivo, narrato con tanta passione in perfetto stile storytelling applicato al business del calcio, perché THE PREMIER LEAGUE IS BUILT FOR CHAMPIONS!