Marketing nel Calcio: lo stadio come base della propria strategia

L’indimenticabile e sensualissima scena in cui Honey Ryder, alias Ursula Andress, sorge dalle acque indossando un bikini bianco é l’emblema del primo film 007 intitolato “Doctor No” , ovvero “Licenza di uccidere”, che seduce ancora dopo 54 anni.

Purtroppo gli stadi del calcio nostrano né attirano né seducono dopo decenni. Ci si va solo per amore della propria squadra. Decisamente una nota stonata per uno dei paesi più belli al mondo.

Michelangelo, Brunelleschi e company si rivolterebbero nella tomba di fronte a tanto orrore architettonico.

Anche se gli stadi italiani hanno subito innumerevoli trasformazioni, i segni del tempo appaiono inequivocabili, tanto da farli sembrare quasi degli impianti abbandonati. Insomma spalti quasi interamente scoperti, lontani dal rettangolo di gioco a scapito della visibilità, strutture vecchissime completamente in cemento, piene di crepe, non concepiti esclusivamente per il calcio, che ogni domenica restano semi-vuoti fornendo un colpo d’occhio desolante.

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Altro che sex-appeal alla Bond girl, direi che sono paragonabili alla bellezza della figlia del celeberrimo Ragionier Fantozzi.

Secondo un sondaggio elaborato dall’Osservatorio Calcio Italiano, il 51% dei votanti considera gli stadi tricolori inadeguati.

A differenza dalle strutture inglesi e tedesche, dove le società vantano impianti invidiabili quasi sempre sold-out, gli stadi italiani sono spesso lasciati all’incuria più totale. La maggior parte degli stadi sono di proprietà comunale, che ne appalta la gestione ai club con i risultati scadenti evidenti.

E qualcuno ancora si domanda perché l’Italia non ospiti un Mondiale o un Europeo? Ma per favore!

Eppure l’organizzazione di una competizione internazionale può essere l’occasione per ristrutturare gli impianti fatiscenti con una partnership pubblico-privato, che impedirebbe il ripetersi degli sprechi dei Mondiali 1990.

Premier League, Bundesliga, alcuni club spagnoli e francesi (grazie anche a EURO 2016) hanno costruito impianti all’avanguardia, sicuri, polifunzionali sette giorni su sette e non come quelli italiani.

Queste società calcistiche, delle vere e proprie aziende, hanno reso lo stadio un luogo di aggregazione, dove si sviluppano molte strutture (negozi, alberghi, centro congressi, etc.) e servizi per l’intera comunità.

Un’ eccellente Strategia di Marketing e una gestione aziendale favoriscono la crescita, non solo economica di un club, ma soprattutto sportiva.

Un moderno impianto di proprietà sul modello Emirates Stadium dell’ Arsenal Football Club, o Allianz Arena del Bayern Monaco (massimi esempi di utilizzo polifunzionale), con centri commerciali, alberghi, musei, uffici, aree ristoro e parchi tematici farebbe crescere il fatturato dei club e spettacolarizzerebbe lo sport. Insomma un’operazione edilizia completa per finanziarie i costi dell’impianto sportivo stesso.

All’inizio degli anni Duemila l’Arsenal ha realizzato un’area residenziale insieme allo stadio, che ha generato un fatturato di 391 milioni di sterline con un utile di 69, e tra il 2008 e il 2010 il club ha incrementato di circa 60 milioni i ricavi ogni anno. Anche l’Allianz Arena garantisce al Bayern entrate nette per 53-54 milioni all’anno. Senza dubbio un segno tangibile che questi modelli funzionano, che hanno convinto il Real Madrid a progettare il Nuevo Estadio Santiago Bernabeu, impianto da 400 milioni destinato a incrementare i ricavi del club del 30%.

Addirittura all’estero è possibile sposarsi allo stadio della propria squadra del cuore. A dare il via a questa iniziativa sono stati i club spagnoli nel 2010. Innovativo direi e così le future consorti non avrebbero motivo per canticchiare “Ma perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone”. Mazel tov!

Mentre gli stadi stranieri si sono sottoposti ad un restyling innovativo, i templi del calcio nostrano, sopratutto della Serie A, non sono in grado di capitalizzare l’etichetta dello sport più seguito al mondo. Infatti i ricavi degli impianti italiani parlano da sè, e per usare un eufemismo, il possesso palla non è più italiano, e tutta colpa del concetto nel periodo della loro realizzazione , che gli stadi servano solo come contenitori dell’evento.

Gli stadi vanno progettati in una parte di città attiva, e integrati all’interno del tessuto urbano in modo da farli diventare centri ricettivi polivalenti. Al Bernabeu, ad esempio, ci si può andare al ristorante prima della partita e si può andare anche tranquillamente durante tutta la settimana invece molto  più improbabile che uno vada a San Siro in giorni non di partita.

Il quotidiano inglese “The Guardian”  sostiene, dopo un’analisi approfondita degli impianti Made in Italy, che i club italiani, in particolare modo le squadre milanesi, non torneranno a dominare in Europa senza stadi più moderni, perché un impianto di proprietà è fondamentale per generare entrate commerciali, che si rivelerebbero  fondamentali per il futuro delle squadre italiane, riducendo in modo significativo il distacco rispetto agli altri club europei.

Le italiane hanno da lavorare parecchio per portare più pubblico alle partite, ovviamente non mi riferisco alla bellezza e al fascino delle donne italiane, fosse per quello ad occhio nudo gli stadi sarebbero gremiti di spettatori.

L’unica eccezione al momento (ahimè) é lo Juventus Stadium, che con il suo estro imprenditoriale ha fissato il parametro da seguire da altri club di serie A e B, con la costruzione ex novo di un arena calcistica sul terreno dove prima si trovava l’obsoleto Stadio Delle Alpi nel 2011.  La capacità dell’impianto è di 41 mila posti, è sostenibile per fini ambientali e dispone di un centro commerciale, il museo del club e una serie di aree hospitality da utilizzare ai fini commerciali, che rientrano all’interno dello Juventus Premier Club. Forse l’aspetto più importante è che i tifosi sono molto più vicini al terreno di gioco, offrendo una vista panoramica senza alcun ostacolo.

L’ Udinese Calcio si é ispirato allo Juventus Stadium, diventando così il secondo impianto di proprietà della nostra Serie A, grazie ad un protocollo firmato con il Comune. L’Udinese calcio ha infatti ottenuto il diritto di superficie sull’area dello stadio per i prossimi 99 anni. Per ottenerla, è servita un’offerta di 4,5 milioni di euro (pagabili in 99 rate annuali), più 21 milioni di obbligo in opere di ristrutturazione. Un investimento interamente a carico della società, finanziato per l’80% dell’importo con un mutuo di 15 anni erogato dal Credito Sportivo. La Dacia Arena, battezzato così per ragioni di sponsorizzazione, è un gioiello da 25 mila posti con annessa un’area fitness, un museo, un ristorante e altre facilities. Dopo la stessa Juventus e il Sassuolo, l’Udinese è la terza società italiana a dotarsi di un impianto di proprietà moderno e confortevole, che invita il tifoso a recarsi allo stadio per un’esperienza unica non come supporter durante il match, ma come visitatore-cliente tra i cimeli nel museo, nello store e nella zona ristoro.

Lo stadio di proprietà deve rappresentare i seguenti cinque elementi per una società calcistica-azienda e per il marketing nel calcio:

1. INVESTIMENTO – Un investimento immobiliare rilevante per il patrimonio finanziario del club;

2. FONTE DI RICAVI – Una fonte di ricavi che prescinda dai risultati sportivi;

3. DIVERSIFICAZIONE – Un elemento che permetta al club di diversificare la propria attività in quanto azienda sportiva;

4. CONNOTAZIONE – Un elemento fortemente connotato con il nome della società, un vero e proprio biglietto da visita riconosciuto dal pubblico e dagli avversari;

5. ABBATTIMENTO DEI COSTI – Un elemento che, se amministrato in modo accorto e proficuo, permette un notevole taglio dei costi nella gestione di una società sportiva.

Chi è proprietario della struttura, nella maggior parte dei casi gli stessi club, può contare sui redditi derivanti dalla pratica del naming, dalle concessioni sugli esercizi commerciali situati all’interno dell’impianto, dalla gestione diretta della pubblicità, con introiti di milioni di euro l’anno e il presidente della AS Roma, James Pallotta,  un imprenditore lungimirante ne sa qualcosa in vista del suo progetto:

“Lo Stadio della Roma sarà uno dei progetti più importanti in Italia, come non se ne vedevano da molto, molto tempo”.

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Il progetto della nuova arena per i colori giallorossi non sarà solamente uno stadio pensato per il calcio, ma anche un epicentro sociale e commerciale, attivo 365 giorni all’anno, pensato per i tifosi della Roma, per i romani e per il pubblico internazionale. Nulla avranno da invidiare alle eccellenze europee.

La Nuova Arena giallorossa sarà un’impianto all’avanguardia, capace di ospitare fino a 52.500 spettatori (espandibili a 60.000). Una struttura ultramoderna in acciaio e vetro e un trasparente fluttuante avvolgeranno l’esterno della struttura, interpretando in chiave contemporanea gli archi e le pietre del Colosseo, mentre il tetto di Teflon dotato di pannelli fotovoltaici consentirà di massimizzare l’efficienza energetica.

Insomma un’arena incantevole, magica e funzionale che riscatterebbe la bellezza di una delle città più visitate al mondo dalla giungla amministrativa corrotta e strafottente.

Se non fosse per le varie amministrazioni comunali con il loro ostruzionismo burocratico e lo spirito anti-imprenditoriale di progetti simili ce ne sarebbero.

Forse alla classe politica italiana manca un consulente di Sport Marketing e in particolare di Marketing del Calcio, visto che non sanno che gli impianti  sportivi moderni sono dei progetti di rilancio anche per il territorio comunale.

1+1 fa 2 e non un logaritmo astratto. Semplice no?!

Qualora qualche amministrazione volesse delle consulenze, ovviamente non psicologiche (anche se alla luce dei fatti ne avrebbero bisogno), io sono a disposizione non solo con i miei articoli di settore!