Seguire la customer journey senza rischiare di perdere il cliente durante questo funnel è tutt’altro che semplice. Il compito diventa poi sempre più arduo a causa della complicazione apportata dai numerosi dispositivi ormai a disposizione di tutti con i quali raccogliere informazioni prima dell’acquisto.
Secondo l’Interactive Advertising Bureau (IAB), nel 2014 i consumatori hanno in generale realizzato 125 milioni di acquisti tramite siti web “affiliati”, e quindi non dal canale diretto delle varie aziende, ed inoltre tasso che continua a crescere considerevolmente. I touchpoint a disposizione dei consumatori sono ormai divenuti così variegati da rendere quasi impossibile il controllo delle loro azioni durante il processo di selezione e acquisto dei prodotti. Dati alla mano, nel modo britannico, è dimostrato che una famiglia media possieda all’incirca sette dispositivi differenti, ognuno dei quali partecipa attivamente nel processo di acquisto.
Approcci al controllo del Customer Journey
In un contesto simile diventa necessario trovare contromisure intelligenti che permettano di mantenere il controllo sull’intero viaggio del consumatore, assicurandosi così di poter vedere il consumatore procedere all’acquisto.
Nel Regno Unito si sono individuati due diversi approcci possibili per arginare la problematica come riporta il sito MarketingWeek.
Il primo approccio è definito deterministico
Esso ha l’obiettivo di premiare i partner affiliati all’azienda che riescano a reindirizzare sul sito web della stessa tutti i consumatori che si approcciano all’acquisto, partendo dai loro siti. Sostanzialmente in questo modo si cerca di identificare il consumatore associando tutte le ricerche fatte dal dispositivo, non differenziando più i codici utente in relazione ai diversi touchpoint, pur mantenendo stabile l’anonimato laddove richiesto dal consumatore.
Il secondo approccio è definito probabilistico
Questo gioca proprio su di un discorso di probabilità di attribuire azioni simili effettuate da diversi dispositivi allo stesso utente riuscendo a prevedere le sue mosse successive.
Il primo modello sembra lasciare l’analisi meno al caso e dà l’impressione di riuscire a controllare in maniera più capillare i comportamenti dei consumatori; il secondo lascia più libertà interpretativa e quindi un possibile margine d’errore.

Jonathan Wall, group e-commerce director di Shop Direct afferma come entrambi i modelli siano entrambi validi e che siano utili da utilizzare insieme:
“For a channel that pays on conversion, we need to be sure that a sale we’re tracking is a valid transaction, which is something that only a deterministic model can guarantee. Although probabilistic models are becoming more reliable, we need to have the confidence that the sales we are paying for are genuine cross-device transactions, which is something that a probabilistic model is unable to guarantee.”
Il retailer Red Letter Days usa un approccio prettamente deterministico come sottolinea Joshna Patel, direttrice dell’ online:
“We want to reward affiliates where they make a contribution to a sale, even if it isn’t on the same device that the affiliate cookie is dropped .It has allowed us to show the impact that mobile has and therefore increase our investment in mobile”.
Patel tiene però a puntualizzare quanto importante tenere distinta l’analisi delle due differenti fasi del customer journey, quella di ricerca e quella di acquisto: “The initial stage is important as we need to provide affiliates with all the correct information about our products to help inform the customer. At this stage, it is also important to make sure that we are rewarding the affiliate appropriately for providing awareness.”
Senza alcun dubbio quello che emerge da questa analisi è l’importanza prevalente che hanno gli smarthphone, seguiti dai tablet, come dispositivi di ricerca. La Red Letter Days ha infatti avviato una task force proprio per soffermarsi su questo specifico utilizzo al fine di poterne interpretare tutte le fasi vissute dai propri consumatori.
L’obiettivo è quindi quello di cercare, una volta interpretata al meglio l’idea del consumatore, di attirarlo verso di sé, sfruttando tutte le opportunità legate agli eventi della vita dello stesso. Una buona attività di targeting legata agli eventi più significativi che il soggetto sta vivendo come un trasloco, l’acquisto di una nuova auto, o un bambino in arrivo potrebbe drasticamente spostare l’asticella a favore dell’azienda. Lo studio effettuato dal Royal Mail Data Services su 185 rispondenti sia dal B2B che dal B2C ha mostrato come la metà degli intervistati veda questi eventi come una nuova opportunità di vendita in crescita rispetto al 15% del 2014.
La vita del consumatore è molto complessa poiché composta di tanti eventi diversi che compongono la propria vita, e senz’altro la capacità di essere sempre presente per lui, e trasmettergli fiducia e vicinanza, di sicuro contribuisce in gran modo a incrementare le possibilità che completi l’acquisto con il nostro brand rispetto a competitor che non fanno lo stesso lavoro.