Può capitare di aver ereditato o di aver ricevuto in regalo un diamante e che con lo stesso prezioso non si abbia alcun tipo di legame affettivo. In questo caso, come in altre situazioni, si può pensare di venderlo, cercando in ogni caso di ricavarci un bel gruzzoletto. Va subito detto che i diamanti da investimento non esistono, dal momento che è sbagliato considerarli alla stregua di un vero e proprio investimento.
Affidarsi a dei professionisti del settore per poter valutare il diamante che si vuole vendere, però, è senza dubbio la cosa migliore da fare. Nel momento in cui si rivende un diamante, che rappresenta chiaramente un bene di lusso, ci si può attendere un ricavo che va dal 25 fino al 40 percento rispetto al prezzo che era stato pagato al dettaglio. In tal senso, vale la pena farsi supportare da degli esperti del settore, come ad esempio Auctentic, che garantisce un ottimo servizio per vendere diamanti online, senza promettere la luna, ma mantenendo sempre la corretta aspettativa di realizzo.
La quotazione dei diamanti usati
Ovviamente, qualsiasi operazione di quotazione di un diamante usato è preceduta da una corretta valutazione di alcuni elementi ben precisi. Stiamo facendo riferimento, ad esempio, all’uso di un sistema di classificazione internazionale, che è rappresentato dalle 4C. Scendendo un po’ più nel dettaglio, si tratta del peso, del colore, della purezza e del taglio.
Il peso corrisponde molto semplicemente alla caratura del diamante. Il carato rappresenta l’unità di misura di ciascuna pietra e che vale un quinto di grammo, ovvero 0,2 grammi. Il colore è la seconda delle 4C, la cui valutazione viene effettuata tenendo conto di una scala che parte dal bianco eccezionale superiore e arriva fino al giallo. Come si può facilmente intuire, una pietra che presenta un colore bianco eccezionale potrà contare su una quotazione decisamente elevata; invece, la colorazione bianca un po’ sfumata inciderà negativamente sulla quotazione della pietra preziosa.
Il grado di purezza, in inglese clarity, permette di capire meglio se sono presenti o meno delle impurità all’interno del diamante. Queste ultime sono ribattezzate anche inclusioni, mentre eventualmente la presenza di una serie di irregolarità che si trovano sulla superficie viene denominate segni esterni. I parametri da considerare in fase di valutazione in merito al livello di purezza dei diamanti vengono stabiliti dal GIA tramite un’apposita scala che include numerosi livelli che variano in relazione a diversi aspetti, tra cui l’ubicazione, ma anche il tipo, oltre che le dimensioni delle inclusioni, senza dimenticare la presenza di eventuali difetti esterni.
L’ultimo elemento da valutare è il taglio: si parla in questo caso della forma che viene assegnata dal tagliatore al diamante vero e proprio. In questo caso, a incidere su tale aspetto sono tre elementi in modo particolare, ovvero le proporzioni, la levigatura e pure la simmetria. È bene sottolineare come il taglio maggiormente famoso e diffuso è senz’altro quello ribattezzato “rotondo brillante”. È importante tenere in considerazione anche quelle che sono le proporzioni del taglio, visto che tale operazione va a garantire alla pietra preziosa non solo la brillantezza, ma pure la simmetria. La politura, invece, è quella che va a conferire al diamante la tipica brillantezza di luce riflessa. Per quanto concerne la qualità del taglio, invece, si può andare da un tipo ideal (detto anche ideal cut) fino ad un tipo standard, mentre la valutazione della simmetria e della politura rientrano in una scala che parte da poor e arriva fino a excellent. È giusto rimarcare anche come una pietra grande, ma dotata di una tonalità o una purezza bassa, può avere un valore inferiore rispetto a quello di una pietra piccola, ma dotata di caratteristiche migliori.